Le aree coinvolte in Asia e l’origine dell’epidemia
La provincia del Guangdong, nel sud della Cina, rappresenta l’epicentro della più vasta emergenza di chikungunya che il Paese abbia mai registrato. La città di Foshan e il distretto di Shunde concentrano il maggior numero di casi, a causa delle condizioni climatiche favorevoli alle zanzare e dell’alta densità abitativa. Le piogge torrenziali tipiche della stagione monsonica e le temperature elevate favoriscono la moltiplicazione degli insetti.
Le zanzare Aedes aegypti e Aedes albopictus agiscono come principali vettori, trasmettendo un virus che provoca febbre alta, dolori muscolari e articolari debilitanti, cefalea e, in alcuni pazienti, eruzioni cutanee. Il ceppo individuato appartiene al gruppo East-Central-South African, già conosciuto dagli esperti internazionali ma capace di diffondersi con rapidità in contesti urbani densamente popolati.
“Il chikungunya non è nuovo al continente asiatico, ma l’entità di questa epidemia rappresenta un evento straordinario”, sottolineano i virologi locali.
Le risposte delle autorità e gli interventi di emergenza
Le istituzioni locali hanno adottato misure drastiche. Le autorità dispongono la raccolta obbligatoria dei pazienti contagiati in strutture ospedaliere, dove vengono isolati sotto zanzariere per evitare nuove infezioni. Le squadre di intervento utilizzano droni per identificare le aree con ristagni d’acqua, organizzano disinfestazioni capillari e introducono metodi biologici come pesci predatori di larve per contenere la proliferazione delle zanzare.
Le sanzioni raggiungono cifre elevate: chi non rispetta le direttive sulle pulizie degli spazi domestici e condominiali può ricevere multe fino a 10.000 yuan. Le autorità arrivano persino a sospendere la fornitura di energia elettrica in edifici dove la situazione risulta critica. “Il controllo del vettore è la chiave per proteggere la popolazione”, spiegano i responsabili della sanità pubblica.
Il ruolo delle organizzazioni internazionali e le preoccupazioni europee
Il Centers for Disease Control and Prevention (CDC) degli Stati Uniti ha emesso un avviso ufficiale di livello due, invitando i viaggiatori a prestare attenzione elevata e a proteggersi con indumenti adeguati, repellenti e zanzariere. Anche l’Organizzazione mondiale della sanità segue con attenzione la diffusione.

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In Europa, la Francia e l’Italia rientrano tra i Paesi più esposti per la presenza della zanzara tigre, ormai stabilmente insediata. La memoria dei focolai precedenti, in particolare nel Lazio e in Emilia-Romagna, resta ancora viva. In quelle occasioni la sanità italiana aveva già sperimentato la difficoltà di contenere rapidamente un’infezione trasmessa da insetti diffusi in tutto il territorio urbano.
I casi italiani più recenti e le aree maggiormente colpite
L’Istituto Superiore di Sanità ha registrato nuovi casi importati da viaggiatori e un episodio autoctono nella provincia di Piacenza, che ha destato forte preoccupazione. Successivamente il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) ha confermato l’attivazione di focolai nel nostro Paese.
La Regione Veneto ha segnalato trasmissioni locali nel Veronese, dove si contano diversi contagi confermati. Le autorità regionali hanno predisposto campagne di informazione pubblica, potenziato gli interventi di disinfestazioni e rafforzato le strategie di monitoraggio. Parallelamente, la Fondazione Bruno Kessler collabora con il sistema sanitario nazionale per analizzare i dati e prevedere scenari di diffusione attraverso modelli matematici.
La vulnerabilità del Nord Italia e le prospettive future
La Pianura Padana e il Veneto risultano zone particolarmente vulnerabili. L’ambiente urbano, unito al clima caldo-umido, offre habitat ideali alla zanzara tigre. Le autorità sanitarie invitano i cittadini a eliminare qualsiasi ristagno d’acqua, a utilizzare repellenti e a proteggersi con barriere fisiche nelle abitazioni.
“Solo la collaborazione attiva tra comunità e istituzioni può ridurre il rischio”, sottolineano i responsabili delle campagne di prevenzione. La parola d’ordine diventa sorveglianza costante, insieme a un’intensa attività di prevenzione e controllo.
Gli esperti confermano che l’Italia non può abbassare la guardia. L’aumento degli spostamenti internazionali, unito ai cambiamenti climatici che prolungano la stagione delle zanzare, amplifica la possibilità di nuove epidemie. Per questo il piano nazionale sulle arbovirosi prevede un sistema integrato di allerta, disinfestazioni mirate e campagne di comunicazione rivolte alla popolazione.
A cura di Nora Taylor
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